No all’inglese lingua esclusiva di tutti master e dottorati. Con la sentenza 42/2017 del 24 febbraio 2017 la Corte costituzionale italiana infligge un duro colpo all’impianto di difesa del Politecnico di Milano e del Ministero dell’istruzione, l’università e della ricerca (MIUR), che hanno impugnato di fronte al Consiglio di Stato la sentenza del TAR del 2013 con la quale si bloccò la politica linguistica del prestigioso ateneo meneghino volta a rendere l’inglese lingua esclusiva dei corsi di master e dottorato. La Consulta costituzionale ha stabilito che “la lingua italiana è, nella sua ufficialità, e quindi primazia, vettore della cultura e della tradizione immanenti nella comunità nazionale, tutelate anche dall’art. 9 Cost. La progressiva integrazione sovranazionale degli ordinamenti e l’erosione dei confini nazionali determinati dalla globalizzazione possono insidiare senz’altro, sotto molteplici profili, tale funzione della lingua italiana: il plurilinguismo della società contemporanea, l’uso d’una specifica lingua in determinati ambiti del sapere umano, la diffusione a livello globale d’una o più lingue sono tutti fenomeni che, ormai penetrati nella vita dell’ordinamento costituzionale, affiancano la lingua nazionale nei più diversi campi. Tali fenomeni, tuttavia, non debbono costringere quest’ultima in una posizione di marginalità: al contrario, e anzi proprio in virtù della loro emersione, il primato della lingua italiana non solo è costituzionalmente indefettibile, bensì – lungi dall’essere una formale difesa di un retaggio del passato, inidonea a cogliere i mutamenti della modernità – diventa ancor più decisivo per la perdurante trasmissione del patrimonio storico e dell’identità della Repubblica, oltre che garanzia di salvaguardia e di valorizzazione dell’italiano come bene culturale in sé”.
In altre parole è anticostituzionale che una università pubblica usi l’inglese come lingua esclusiva dell’insegnamento marginalizzando la lingua italiana. Ciò non significa chiudersi al mondo. La Consulta afferma infatti che i principi costituzionali “non precludono certo la facoltà, per gli atenei che lo ritengano opportuno, di affiancare all’erogazione di corsi universitari in lingua italiana corsi in lingua straniera, anche in considerazione della specificità di determinati settori scientifico-disciplinari”. Inoltre è possibile che “in considerazione delle peculiarità e delle specificità dei singoli insegnamenti, le università possano, nell’ambito della propria autonomia, scegliere di attivarli anche esclusivamente in lingua straniera”. Insomma, i programmi o i corsi interi in inglese devono essere affiancati da programmi in italiano, mentre è legittimo che all’interno di un programma in italiano vi siano alcuni singoli insegnamenti in inglese.
La Corte Costituzionale quindi indica una via per una internazionalizzazione sostenibile e una gestione democratica della globalizzazione linguistica che sia rispettosa del plurilinguismo e della diversità culturale. La questione ora ritorna al Consiglio di Stato che deve deliberare sul ricorso del Politecnico e del MIUR. Sulla base della sentenza della Corte Costituzionale, però, è difficile credere che il Consiglio di Stato rigetti la sentenza del TAR. Al Politecnico e al MIUR non resterebbe che trarne le conseguenze: dimissioni del Rettore del Politecnico e varo di varie misure di deanglificazione dei programmi di studio da parte del MIUR.