In un contesto in cui, in vista di una sempre crescente attenzione delle Istituzioni Europee alla difesa dei diritti, si tende a sensibilizzare i cittadini sul tema dell’integrazione europea politica e sociale e del dialogo interculturale attraverso programmi comunitari, esiste un aspetto su cui si è preferito finora non interrogarsi. Si tratta della questione relativa alla comunicazione linguistica nella costruzione europea, nonché della tutela del diritto ad una comunicazione equa tra i cittadini membri.
Se da una parte le istituzioni Europee mettono in luce l’importanza della diversità linguistica come patrimonio culturale da preservare, d’altra parte c’è una totale mancanza di attenzione delle stesse sulla problematica della comunicazione europea, sulle conseguenze che essa comporta lì dove si manifesta un rapporto di comunicazione impari tra i vari Stati, sulla tutela del diritto di ogni cittadino all’utilizzo della propria lingua madre.
Al fine di analizzare la problematica della lingua in relazione non alla salvaguardia della biodiversità umana bensì in relazione alla tutela di un diritto che si sviluppi all’interno del concetto delle libertà individuali, bisognerebbe comprendere come i diritti linguistici si inseriscono nel quadro generale dei diritti umani.
L’articolo 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo stabilisce che ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà, senza distinzione alcuna, mentre il Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici ed il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, dichiarano che l’essere umano non può essere libero se non si creano le condizioni che gli consentono sia di godere dei diritti civili e politici, sia dei diritti economici, sociali e culturali.
Da questi trattati, i quali hanno come finalità quella di riconoscere e fare rispettare i diritti dell’uomo, si evince chiaramente che un diritto non può essere rispettato se nel contesto sociale si vengono a creare condizioni di disparità e disuguaglianza. La riflessione sui diritti linguistici si inserisce proprio in questo ambito. Nel momento in cui in una società vengono a mancare le condizioni che permettono ai suoi cittadini di godere dei diritti fondamentali, viene a mancare il concetto stesso di democrazia e di stato di diritto. Nello specifico, il rispetto delle differenti identità culturali e, conseguentemente, del principio di parità delle diverse lingue che esse rappresentano, fa parte di quelle condizioni che assicurano ad ogni individuo di godere delle libertà individuali prima accennate. La tutela dei diritti linguistici, se consideriamo anche il ruolo primario che occupa la comunicazione all’interno della società e delle sue istituzioni, acquista un’importanza fondamentale in questo contesto.
Lo scenario attuale in cui è proiettata la costruzione Europea presenta enormi problemi di natura economica e sociale in cui i cittadini membri sono coinvolti quotidianamente, a causa delle problematiche legate alla comunicazione internazionale. I trattati europei richiamano l’attenzione sulla promozione del multilinguismo e della diversità culturale senza calarsi però nel dibattito sulla democrazia e giustizia linguistica. Ne consegue una continua violazione dei diritti linguistici, e quindi del diritto di parità, economica e sociale, di cui ogni cittadino membro dovrebbe godere.
Sicuramente uno dei maggiori responsabili di questo fenomeno discriminatorio è il sistema scolastico e universitario europeo il quale non dedica la giusta attenzione ai problemi linguistici e non si sforza di ricorrere ad alcuna politica linguistica che gestisca in modo democratico l’aspetto della comunicazione nel processo di internazionalizzazione.
Da un punto di vista democratico, gli apparati di istruzione e di ricerca europei dovrebbero mirare all’adozione di un sistema di comunicazione equo, che non crei alcuna discriminazione tra i giovani europei. Privilegiare una sola lingua crea inevitabilmente disparità e discriminazioni sia sul piano della formazione che su quello del lavoro. Se si predilige nella comunicazione una lingua, le persone che parlano quella lingua dalla nascita beneficeranno di un vantaggio linguistico, confronto ai loro colleghi sfavoriti semplicemente per nascita, che si traduce anche in vantaggio economico.
Diventa quindi un dovere delle alte sfere politiche, culturali e intellettuali informare obiettivamente sul problema linguistico e sui costi dell’utilizzo di una lingua egemone, affinché si adotti con urgenza una politica linguistica che garantisca a ciascun cittadino il diritto di potersi esprimere in condizioni di eguaglianza con gli altri.
Di Eleonora Mongelli