Dal continente nero una reazione all’anglificazione dei programmi universitari
Dal prossimo anno in Sud-Africa saranno attivati corsi di lingua Zulu obbligatori per gli studenti universitari iscritti al primo anno. La decisione, avanzata dall’Università di KwaZulu-Natal, si inserisce con coerenza nel quadro di un’ampia serie di politiche linguistiche che hanno caratterizzato il SudAfrica del dopo-apartheid, che propone un riconoscimento (fattivo ed equo) dei maggiori idiomi parlati in questa terra.
Lo Zulu è, infatti, tra le lingue ufficiali più diffuse in Sud-Africa: conosciuta dal 23% della popolazione come lingua materna, è spesso utilizzata come lingua comune anche da molti
altri. L’originalità e l’importanza di questa notizia derivano da un altro interessante aspetto: è la prima volta che un’università sudafricana obbliga gli studenti ad apprendere una lingua indigena, proponendola come un efficace strumento di comunicazione nei contesti personali e professionali.
Un grande segno di apertura verso una concreta giustizia linguistica al quale molte delle stesse università italiane dovrebbero ispirarsi, liberandosi dal vincolo ideologico della crescente anglificazione dell’istruzione accademica.