La recente riforma della pubblica amministrazione varata dal ministro Madia prevede la conoscenza dell’inglese come requisito minimo per accedere a qualsiasi grado della funzione pubblica. Il voto minimo di laurea, invece, è stato soppresso. Una politica linguistica del tutto dannosa e inutile. Requisito per lavorare nella pubblica istruzione italiana, quindi, non sarà più il voto di laurea, un buon indicatore di merito (seppur imperfetto), ma la conoscenza dell’inglese. Un requisito classista che favorisce le famiglie ricche, perché in Italia la conoscenza dell’inglese, dati alla mano, si distribuisce in modo ineguale fra le fasce di reddito. E soprattutto un requisito inutile, perché nella maggior parte dei casi l’inglese nella pubblica amministrazione non è una competenza necessaria. Dopo l’università, si introducono ingiustificate barriere linguistiche anche nell’accesso al pubblico impiego.